Buongiorno Fulvia,
la mia grande passione fotografica non mi permette, per esercitarla, di avere libero accesso in ambienti dove normalmente un non professionista può entrare con una fotocamera al collo.
La situazione che si è determinata con l'immagine in questione è casuale e non ho mai nascosto a nessuno proprio perchè non mi piace ingannare nessuno su come sono andate le cose.
Non ho avuto perplessità a scattare questa foto pur sapendo che i soggetti interessati avrebbero potuto reagire malamente, mentre ho avuto riserve se pubblicarla o meno, tanto che (anche questo ho scritto ma non viene citato) mi sono offerto di cancellarla immediatamente qualora avesse recato disturbo.
Adesso è tardi.
Quello che viene fuori dagli interventi che si leggono su questa votazione è molto diverso (non dico ingiusto) da quanto emerso allora.
A parte Daniela, alla quale ho spiegato come era andata la cosa, tutti gli altri non si sentivano scandalizzati da questa immagine che è vero entra nella sfera delicata e privata di due persone ma che non racconta gli orrori ai quali fa riferimento Massimo Carolla quando cita Ando Gilardi.
Quest'ultimo scrive cose di grande sentimento con bei concetti,ma l fotografia non può essere solo bei tramonti,cormorani, paesaggi, ed un fotografo sensibile non rinuncia a riprendere il sorriso di un bimbo o un gesto di tenerezza verso una persona che soffre.
Ma tu sei proprio convinta che avresti apprezzato di farti riprendere a far marchette sulla Domiziana? Anche perchè il tuo forte e ben fatto reportage serve più a te per darti visibilità che alle "ragazze interrotte" a cambiare mestiere.
In molti, io tra i primi si sono complimentati per il tuo lavoro,in pochi si sono soffermati sulle condizioni di vita di loro e altre mille come loro.
Non ho mai pensato di fare scoop con questa fotografia; l'ho vista e ho visto cosa si dicevano queste due persone senza parlare.Se avessi assistito ad una medicazione o ad un atteggiamento di sofferenza come è capitato alla cognata di Carlo Negri non mi sarebbe passato per la testa di riprendere la scena, mi sarei allontanato in tutta fretta.
Qui la situazione è stata totalmente diversa.
Sono in tanti che hanno capito e che mi stanno manifestando solidarietà.
Quindi non ci possono essere,a mio avviso posizioni estreme e ne le mie parole, così come le parole dei favorevoli e dei contrari possono essere determinanti a trovare una verità assoluta.
E' bene che ognuno dica la sua, ne ha diritto,e poi agisca secondo la propria intelligenza,cultura e sensibilità, senza dimenticare che questo è un sito di fotografia e meno di letteratura.
Avendo molta stima di Gianni ci terrei a dire la mia opinione.
Trovo difficile fermarsi alla foto.
Penso che guardando la foto ognuno di noi o almeno questo è l'effetto che fa a me venga catapultato in prima persona in quella situazione.
Gianni esprime il dubbio più grosso che sta nel momento dello scatto.
Anche questa cosa ci catapulta in prima persona in quell'attimo.
Io sicuramente non avrei mai scattato,non rientra nel mio modo di vedere la fotografia.
Forse (e qui mi ricollego al discorso dell'essere catapultati in prima persona) ho solo un bruttissimo rapporto con la morte, con la malattia e con la vecchiaia e questo mi costringe a evitare il più possibile certe situazioni.
Forse sono uno di quelli che si volta dall'altra parte.. uno di quelli che quando fanno i documentari sul bimbi che stanno male cambia canale.
Non mi vergogno ad ammetterlo ma la trovo,per quanto mi riguarda una sofferenza inutile.
La foto è una di una tenerezza infinita e nello stesso tempo dura, mi catapulta nel passato e purtroppo anche nel presente con una efficacia immediata.personalmente non riesco a guardarla più di pochi secondi.
Mi scava troppo dentro e questa è la forza di questo scatto che io non avrei mai fatto ma è sicuramente una foto che ho spesso davanti agli occhi e che ho scattato senza macchina fotografica.
Di sicuro so che non vorrei essere ritratto così per lasciare una foto di questo tipo ai miei figli.
Questo non lo vorrei per i motivi che ho spiegato prima e Non lo vorrei perché alla fine sarebbe questo il ricordo che lascerei di me e non sarebbe ne giusto ne vero.
Il voto in galleria non ha alcuna importanza.
rifletto molto in questi giorni su questo dibattito, anche privatamente con amici. e ringrazio questa riflessione per come mi stimola e mi fa trovare anche posizioni diverse personali come "fotografa", confrontandola con quelle anche diverse di altri.
torno, spero non annoiando, sulla mia recente esperienza. nel mio computer c'è una foto praticamente identica a questa. io nel letto d'ospedale, un tubo verso la macchina della morfina, due tubi verso le flebo, due tubi che pompano sangue fuori dal mio torace, una fasciatura che copre una ferita chirurgica dall'orecchio e giù giù per il collo fino alla clavicola, il viso gonfio di cortisone e contratto. accanto a me yvonne, splendida e sempre sorridente infermiera, affezionata a me tanto da passare a parlarmi in ogni sua occasione possibile. la foto è stata scattata da una persona a me cara, quindi col massimo dell'affetto pensabile, per essermi poi consegnata con un "è tua".
solo a scrivere-descrivere questo, adesso, io lacrimo e quella foto io ancora non la riesco a guardare, 3 mesi dopo. la mia mente fatica nel ricontattare ora, per me troppo presto, quel momento di dramma, in cui mi sono sentita altro da chi sempre sono e brutta, anche semplicemente solo molto brutta.
gianni, ti chiedo: COSA FARESTI, se trovassi questa mia foto, fatta invece da un estraneo e pubblicata in fc a mia insaputa e messa in votazione, sapendo quel che ho appena scritto sopra di me, della mia impossibilità emotiva, mia, tutta mia, di guardarla, ancora oggi? io so precisamente quel che vorrei tu facessi e so che se tu non lo facessi non saprei più come guardarti da lì in poi, per non avermi difeso, per affetto e rispetto di me e del mio dolore, non più fisico ma emotivo.
e da questi miei pensieri deriva una più precisa ridefinizione dei miei personali limiti etici nel fotografare, che mi ha portato a rivisitare il mio portfolio fotografico qui in fc e ad eliminare immediatamente 5 scatti, olte che, appena ne avrò tempo, magari anche altri.
da un lato rea confessa del fatto che, amando il genere street, non mi procaccio ogni volta la liberatoria di legge, dall'altro più consapevole ora della delicatezza della questione al di là dei termini di legge, ho pensato di darmi questo "regolamento" interiore: lascerò pubblici solo gli scatti in cui, pur senza liberatoria, "credo con sufficiente probabilità" che la situazione che si è creata nel mio scattare o la situazione fotografata anche ad insaputa, non ha messo le persone, al momento dello scatto o non le meterebbe ora guardandolo, in disagio emotivo. un criterio ovviamente del tutto soggettivo, ma che rispecchia una posizione che io sento sufficientemente etica, per me, a metà strada cioè tra l'estremo ed insostenibile "fotografo esclusivamente quel che è autorizzato scritto" e l'altrettanto estremo ed insostenibile "ho il diritto di fotografare tutto quel che voglio".
qui la domanda che ti farei gianni è: per la situazione che hai vissuto lì al momento di quel tuo scatto, CHE PROBABILITA' SENTI DI AVERE CHE LE PERSONE INTERESSATE SIANO SERENE NEL GUARDARE LA FOTO ORA E NELL'ACCETTARNE LA PUBBLICAZIONE?
se hai una tua risposta interiore ad alta probabilità, lasciala. altrimenti ritirala.
sempre con stima ed affetto ti scrivo questo, consapevole della diversità dei nostri reciproci punti di vista e dell'inevitabilità, con temi così grossi, di esprimere opinioni molto nette e forti.
ti abbraccio, ciao monica
ciao Gianni, leggo e rileggo tutti gli interventi con opinioni e visioni diverse, il mio primo secco intervento su questo scatto delinea una mia idea ben precisa, mi spiego meglio
una foto da non fare, per me, se non finalizzata ad un progetto ben preciso, questa foto non fa parte di un reportage dove si fa una denuncia per portare alla luce qualcosa a noi sconoscuita, qui manca il vero contatto umano, come tu scrivi nel tuo intervento sotto la foto,
- La ragione per la quale mi sono trovato in questa situazione è molto semplice: basta andare la Domenica mattina a fare i soliti scatti in centro e successivamente andare a far visita ad una persona all'ospedale per riaccompagnare mia moglie a casa.
Se si ha ancora con se la fotocamera e se nella stessa stanza ci sono degenti e familiari che con il loro parlare coprono il rumore dell'otturatore, senza avvicinare la Nikon agli occhi e cercando di mirare approssimativamente il soggetto......è possibile ottenere questo scatto.
Ma è ance vero che si devono superare,come già detto, le ovvie perplessità iniziali ed aver fortuna di riprendere quello che interessa.Ecco perchè è improbabile che mi ricapiti ancora...... "
bene: tu dici “ improbabile che mi ricapiti ancora” è proprio questo che non capisco!
hai “rubato” l'intimità di un momento che non ti appartiene, di una donna a te sconosciuta,
e ancora: “il loro parlare coprono il rumore dell'otturatore” e chiedo ancora perchè?
forse, e dico forse,avrei accettato che questo tuo momento e l'emozione che ti ha fatto fare click fosse rimasto un tuo arricchimento personale di chi ama la fotografia, senza voler stupire
caro Gianni con tutta la stima pur non conoscendoti personalmente,
condivido in pieno le parole di Bodil, io non vorrei mai e poi mai che qualcuno mi fotografasse a mia insaputa quando arriverà questo momento .
Ti chiedo ancora, avresti mai fotografato tua mamma in quel letto di ospedale, per poi metterla come testimonianza su un portale di fotografia amatoriale?
fulvia
I bambini davanti alla TV vedono di tutto
nessuno o pochissimi sono pronti a prevenire, educare, preparare
I bambini selezionano, interiorizzano, capiscono, escludono, imparano, crescono,
Nella loro paura di diventare grandi fingono anche di credere che la bandiera Italiana è bella e perfino che gli articoli della Costituzione si realizzeranno a partire magari dal ripudio vero della Guerra o da un paese che costruisce lavoro prima che ricchezza,
ma intanto i BAMBINI crescono e vedono morire i bruchi, le api, le mosche, le lucertole,
a volte perfino i cani, i gatti, i criceti
si interrogano, rifletto, piangono
e continuano a crescere convivendo anche con momenti di tristezza e di dolore che non sempre è possibile capire
a volte, anche con il nasino schiacciato sul vetro non capiscono perchè un altro bambino chiede l'elemosina mentre lui poco prima ha fatto i capricci per un portapaestelli nuovo
da grande forse imparerà a fregarsene, io spero che non avvenga mai questa forma di maturazione
...... grazie dell'attenzione ....... buon prosieguo.....
Be ragazzi non voglio più intervenire con citazioni e stralci di parole di artisti....
Voglio chiedere direttamente a Gianni Boradori un'ultima cosa.
Rispondi a questo.
Quando le fotografie di persone non sono scattate per uso personale ma vengono utilizzate per essere pubblicate in concorsi, mostre, pubblicazioni, internet o per qualsivoglia altro uso pubblico, è necessario che il fotografo si faccia rilasciare una LIBERATORIA detta anche release in inglese.
Si tratta di una dichiarazione scritta con la quale il soggetto autorizza la pubblicazione della propria immagine.
La LIBERATORIA va stilata in duplice copia, l'originale sarà conservato dal fotografo, l'altra copia dal SOGGETTO ripreso.Converrà che ne teniate qualche copia in bianco nella borsa fotografica in modo di averla a disposizione all'occorrenza.
La LIBERATORIA non è richiesta nel caso di persone note (politici, attori, cantanti) o anche di persone non note che siano riprese nel corso di pubbliche manifestazioni o comunque in situazioni che possano essere considerate di pubblico dominio.Più esattamente la legge di riferimento per questi argomenti è la n. 633 del 22 aprile 1941 (G.U. del 16.07.1941 n.16 e successive modifiche) che regola "la protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio".
Questi i tre articoli fondamentali che ogni fotografo (professionista o dilettante che sia) deve assolutamente conoscere:
ART 96 - Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio, senza il consenso di questa, salve le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art.93
ART 97- Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici e culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritratta.
ART.98- Salvo patto contrario, il ritratto fotografico eseguito su commissione può dalla persona fotografata o dai suoi successori o aventi causa essere pubblicato, riprodotto o fatto riprodurre senza il consenso del fotografo, salvo pagamento a favore di quest'ultimo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.
Il nome del fotografo, allorchè figuri sulla fotografia originaria, deve essere indicato.
(omissis...).
PREGHEREI TUTTI, VISTO CHE LA SITUAZIONE SI STA SCALDANDO DI INTERVENIRE ESCLUSIVAMENTE SULLA FOTO IN QUESTIONE, RIMANDANDO AD ALTRO MOMENTO E LUOGO OGNI DIATRIBA PERSONALE E PRIVATA
GRAZIE
Questa fotografia tocca corde troppo delicate, se da un lato ha il pregio di evocare nobili sentimenti e di ricordare a tutti noi momenti difficili come quello rappresentato dall'altro ci fa' sentire turbati nell'immedesimarci in quella persona ripresa e pubblicata a sua insaputa. Ritengo che dovremmo avere in casi del genere la sensibilita' di non divulgare cio' che e' piu' intimo e privato. Per quanto mi riguarda non sono certo, trovandomi nella stessa situazione di Gianni, se avrei scattato questa fotografia...Sono certo pero' che anche se l' avessi scattata non l'avrei mai pubblicata. Questo non significa nascondere la testa sotto la sabbia , di immagini piu' crudeli se ne vedono a bizzeffe.. non significa nemmeno non voler riconoscere anche quella realta' che appartiene al genere umano da che mondo e' mondo...ci sono reporter, giornalisti - fotografi che hanno affrontato questo aspetto cosi difficile piu' o meno professionalmente...Ecco vedi Gianni , sarebbe diverso se questa fotografia l'avessi scattata seguendo un progetto ben preciso , se fosse un tassello di un mosaico piu' ampio.... , mi viene in mente Giacomelli e le sue fotografie nell'ospizio a contatto con gli anziani in attesa della morte.
Viene citato Eugene Smith , come non ricordare la fotografia di quella ragazzina malata tra le braccia amorevoli della madre ? Ebbene lo stesso Smith, dovendo documentare la tragedia di tante famiglie che avevano avuto casi simili a causa dell'inquinamento da mercurio, chiese il permesso di farle alla madre che, sapendo a cosa erano destinate quelle immagini, acconsenti' senza indugi. In un reportage studiato concordato e realizzato un immagine come la tua avrebbe tutt'altro senso e il racconto e la testimonianza grande valore umano. Mi permetto di citare un fotografo sperando non me ne voglia, Luca Forno, il quale si e' trovato a dover documentare scene altrettanto difficili e forse ancor piu' strazianti , come dei bambini allo stadio terminale in reparti di oncologia pediatrica..Ebbene se lo ha fatto ha presentato un progetto, e' stato presentato, ha potuto svolgere quel compito con il consenso degli interessati, non e' capitato per caso.....Mi dirai e molti saranno d'accordo con te che la realta' del nostro vivere e' anche questa e come fotografi possiamo dobbiamo documentarla, ebbene siamo certi che tutti avremmo la sensibilita' e il rispetto che necessita verso queste persone ? Tu certamente dato che ti conosco ce l'hai e ne sono compiaciuto ma sono convinto che se lasciassimo cadere anche questo freno, come gia' citato da qualcuno, ci ritroveremmo gente armata di tutto punto dall'i-phone alle compattine alle reflex andare a caccia dello scatto che piu' fa' scalpore e questo credo lo sai bene anche tu.....Concludo questo mio intervento con le parole di Ando Gilardi tratte dal suo libro " Meglio ladro che fotografo" parole in cui mi riconosco pienamente:
Non fotografare..
Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati. Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese, i pensionati sulle panchine solitarie che aspettano la morte come un treno nella notte.
Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime della droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia. Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perché non possono respingerti.
Non fotografare il suicida, l'omicida e la sua vittima. Non fotografare l'imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo.Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già sopportato la violenza, non aggiungere la tua. Loro debbono usare la violenza, tu puoi farne a meno.
Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi. Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l'eroico moncherino.
Non ritrarre un uomo solo perché la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme. Non perseguitare con il flash la ragazza sfigurata dall'incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l'attrice imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungervi le tue fotografie.
Non fotografare la madre dell'assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso l'amante, e nemmeno gli orfani dell'amante. Non fotografare chi subì ingiuria, la ragazza violentata, il bambino percosso. Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del "diritto all'informazione ".
Se è davvero l'umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l'ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica. Non fotografare chi fotografa: può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale.
Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel quadro davanti alla gabbia del condannato all'ergastolo, all'impiccato che dondola, alla puttana che trema di freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine ? Perché presumi che il costume da free lance, una borsa di accessori, tre macchine appese al collo ed un flash sparato in faccia possano giustificarti ?"
Per Carla Rho:
Ci sono foto di paesaggi, di tramonti, di luci e ombre che provocano forti sensazioni ed emozioni, così come ci sono foto di sofferenza, di dolore, di denuncia che stimolano a pensare o a guardarsi dentro pur senza violare l’intimità e la privacy che sono innegabili diritti. Dipende dalla bravura del fotografo. Più bravo è il fotografo, meno ha bisogno di cercare foto “esplicite”.
ma che cosa state dicendo.
@Carlo
Smith scrisse: "Bisogna rendersi conto che la fotografia è la più grande bugiarda che ci sia, complice la convinzione che essa ci mostri la realtà così com'è". E scrisse anche: "Il fotogiornalismo, a causa dell'enorme pubblico a cui arrivano le pubblicazioni che se ne servono, influenza le idee e l'opinione pubblica più di ogni altro ramo della fotografia, per cui il fotografo-giornalista deve avere (oltre all'indispensabile padronanza dei mezzi) un forte senso dell'onestà e l'intelligenza per capire e presentare il suo soggetto opportunamente". Dall'atteggiamento di fondo che queste due frasi sottendono si capisce perché, spesso e volentieri, Smith avesse costruito le sue immagini, disponendo i soggetti in un certo modo, o arrivando alle stampe finali con robusti interventi di camera oscura, esponendo insieme negativi diversi, mascherando e bruciando fino all'eccesso, continuamente reinquadrando e tagliando i negativi. Rifiutando in toto l'idea che una fotografia potesse costituire una oggettiva e autentica rappresentazione del reale, Smith ambiva a rappresentare invece la verità nella sua essenza, come lui (artista) la percepiva: "bisogna osservare e sentire ciò che ci circonda e interpretarlo, traducendolo in un lavoro finito". E dunque, se necessario aggiustava "la realtà per farla aderire meglio alla verità". Le immagini risultanti sono magnifiche e probabilmente più rappresentative: dunque lo scopo finale è raggiunto, e poco importa sapere che, nella realtà, quel carretto di buoi o quel contadino erano stati disposti in quel modo dal Smith stesso. Egli aveva "visto" un'immagine che ci raccontava un villaggio spagnolo o una comunità di minatori gallesi, e l'aveva realizzata: una splendida immagine, formalmente eccelsa e di elevato potere documentativo. Obiettivo dunque raggiunto, tutto il resto è contorno evanescente che svanisce dopo poco; le foto di W.E. Smith, invece, restano.
Gianni Boradori 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Buongiorno Fulvia,la mia grande passione fotografica non mi permette, per esercitarla, di avere libero accesso in ambienti dove normalmente un non professionista può entrare con una fotocamera al collo.
La situazione che si è determinata con l'immagine in questione è casuale e non ho mai nascosto a nessuno proprio perchè non mi piace ingannare nessuno su come sono andate le cose.
Non ho avuto perplessità a scattare questa foto pur sapendo che i soggetti interessati avrebbero potuto reagire malamente, mentre ho avuto riserve se pubblicarla o meno, tanto che (anche questo ho scritto ma non viene citato) mi sono offerto di cancellarla immediatamente qualora avesse recato disturbo.
Adesso è tardi.
Quello che viene fuori dagli interventi che si leggono su questa votazione è molto diverso (non dico ingiusto) da quanto emerso allora.
A parte Daniela, alla quale ho spiegato come era andata la cosa, tutti gli altri non si sentivano scandalizzati da questa immagine che è vero entra nella sfera delicata e privata di due persone ma che non racconta gli orrori ai quali fa riferimento Massimo Carolla quando cita Ando Gilardi.
Quest'ultimo scrive cose di grande sentimento con bei concetti,ma l fotografia non può essere solo bei tramonti,cormorani, paesaggi, ed un fotografo sensibile non rinuncia a riprendere il sorriso di un bimbo o un gesto di tenerezza verso una persona che soffre.
Ma tu sei proprio convinta che avresti apprezzato di farti riprendere a far marchette sulla Domiziana? Anche perchè il tuo forte e ben fatto reportage serve più a te per darti visibilità che alle "ragazze interrotte" a cambiare mestiere.
In molti, io tra i primi si sono complimentati per il tuo lavoro,in pochi si sono soffermati sulle condizioni di vita di loro e altre mille come loro.
Non ho mai pensato di fare scoop con questa fotografia; l'ho vista e ho visto cosa si dicevano queste due persone senza parlare.Se avessi assistito ad una medicazione o ad un atteggiamento di sofferenza come è capitato alla cognata di Carlo Negri non mi sarebbe passato per la testa di riprendere la scena, mi sarei allontanato in tutta fretta.
Qui la situazione è stata totalmente diversa.
Sono in tanti che hanno capito e che mi stanno manifestando solidarietà.
Quindi non ci possono essere,a mio avviso posizioni estreme e ne le mie parole, così come le parole dei favorevoli e dei contrari possono essere determinanti a trovare una verità assoluta.
E' bene che ognuno dica la sua, ne ha diritto,e poi agisca secondo la propria intelligenza,cultura e sensibilità, senza dimenticare che questo è un sito di fotografia e meno di letteratura.
Gero Merella 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Avendo molta stima di Gianni ci terrei a dire la mia opinione.Trovo difficile fermarsi alla foto.
Penso che guardando la foto ognuno di noi o almeno questo è l'effetto che fa a me venga catapultato in prima persona in quella situazione.
Gianni esprime il dubbio più grosso che sta nel momento dello scatto.
Anche questa cosa ci catapulta in prima persona in quell'attimo.
Io sicuramente non avrei mai scattato,non rientra nel mio modo di vedere la fotografia.
Forse (e qui mi ricollego al discorso dell'essere catapultati in prima persona) ho solo un bruttissimo rapporto con la morte, con la malattia e con la vecchiaia e questo mi costringe a evitare il più possibile certe situazioni.
Forse sono uno di quelli che si volta dall'altra parte.. uno di quelli che quando fanno i documentari sul bimbi che stanno male cambia canale.
Non mi vergogno ad ammetterlo ma la trovo,per quanto mi riguarda una sofferenza inutile.
La foto è una di una tenerezza infinita e nello stesso tempo dura, mi catapulta nel passato e purtroppo anche nel presente con una efficacia immediata.personalmente non riesco a guardarla più di pochi secondi.
Mi scava troppo dentro e questa è la forza di questo scatto che io non avrei mai fatto ma è sicuramente una foto che ho spesso davanti agli occhi e che ho scattato senza macchina fotografica.
Di sicuro so che non vorrei essere ritratto così per lasciare una foto di questo tipo ai miei figli.
Questo non lo vorrei per i motivi che ho spiegato prima e Non lo vorrei perché alla fine sarebbe questo il ricordo che lascerei di me e non sarebbe ne giusto ne vero.
Il voto in galleria non ha alcuna importanza.
b. monica 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
rifletto molto in questi giorni su questo dibattito, anche privatamente con amici. e ringrazio questa riflessione per come mi stimola e mi fa trovare anche posizioni diverse personali come "fotografa", confrontandola con quelle anche diverse di altri.torno, spero non annoiando, sulla mia recente esperienza. nel mio computer c'è una foto praticamente identica a questa. io nel letto d'ospedale, un tubo verso la macchina della morfina, due tubi verso le flebo, due tubi che pompano sangue fuori dal mio torace, una fasciatura che copre una ferita chirurgica dall'orecchio e giù giù per il collo fino alla clavicola, il viso gonfio di cortisone e contratto. accanto a me yvonne, splendida e sempre sorridente infermiera, affezionata a me tanto da passare a parlarmi in ogni sua occasione possibile. la foto è stata scattata da una persona a me cara, quindi col massimo dell'affetto pensabile, per essermi poi consegnata con un "è tua".
solo a scrivere-descrivere questo, adesso, io lacrimo e quella foto io ancora non la riesco a guardare, 3 mesi dopo. la mia mente fatica nel ricontattare ora, per me troppo presto, quel momento di dramma, in cui mi sono sentita altro da chi sempre sono e brutta, anche semplicemente solo molto brutta.
gianni, ti chiedo: COSA FARESTI, se trovassi questa mia foto, fatta invece da un estraneo e pubblicata in fc a mia insaputa e messa in votazione, sapendo quel che ho appena scritto sopra di me, della mia impossibilità emotiva, mia, tutta mia, di guardarla, ancora oggi? io so precisamente quel che vorrei tu facessi e so che se tu non lo facessi non saprei più come guardarti da lì in poi, per non avermi difeso, per affetto e rispetto di me e del mio dolore, non più fisico ma emotivo.
e da questi miei pensieri deriva una più precisa ridefinizione dei miei personali limiti etici nel fotografare, che mi ha portato a rivisitare il mio portfolio fotografico qui in fc e ad eliminare immediatamente 5 scatti, olte che, appena ne avrò tempo, magari anche altri.
da un lato rea confessa del fatto che, amando il genere street, non mi procaccio ogni volta la liberatoria di legge, dall'altro più consapevole ora della delicatezza della questione al di là dei termini di legge, ho pensato di darmi questo "regolamento" interiore: lascerò pubblici solo gli scatti in cui, pur senza liberatoria, "credo con sufficiente probabilità" che la situazione che si è creata nel mio scattare o la situazione fotografata anche ad insaputa, non ha messo le persone, al momento dello scatto o non le meterebbe ora guardandolo, in disagio emotivo. un criterio ovviamente del tutto soggettivo, ma che rispecchia una posizione che io sento sufficientemente etica, per me, a metà strada cioè tra l'estremo ed insostenibile "fotografo esclusivamente quel che è autorizzato scritto" e l'altrettanto estremo ed insostenibile "ho il diritto di fotografare tutto quel che voglio".
qui la domanda che ti farei gianni è: per la situazione che hai vissuto lì al momento di quel tuo scatto, CHE PROBABILITA' SENTI DI AVERE CHE LE PERSONE INTERESSATE SIANO SERENE NEL GUARDARE LA FOTO ORA E NELL'ACCETTARNE LA PUBBLICAZIONE?
se hai una tua risposta interiore ad alta probabilità, lasciala. altrimenti ritirala.
sempre con stima ed affetto ti scrivo questo, consapevole della diversità dei nostri reciproci punti di vista e dell'inevitabilità, con temi così grossi, di esprimere opinioni molto nette e forti.
ti abbraccio, ciao monica
fulvia menghi 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
ciao Gianni, leggo e rileggo tutti gli interventi con opinioni e visioni diverse, il mio primo secco intervento su questo scatto delinea una mia idea ben precisa, mi spiego megliouna foto da non fare, per me, se non finalizzata ad un progetto ben preciso, questa foto non fa parte di un reportage dove si fa una denuncia per portare alla luce qualcosa a noi sconoscuita, qui manca il vero contatto umano, come tu scrivi nel tuo intervento sotto la foto,
- La ragione per la quale mi sono trovato in questa situazione è molto semplice: basta andare la Domenica mattina a fare i soliti scatti in centro e successivamente andare a far visita ad una persona all'ospedale per riaccompagnare mia moglie a casa.
Se si ha ancora con se la fotocamera e se nella stessa stanza ci sono degenti e familiari che con il loro parlare coprono il rumore dell'otturatore, senza avvicinare la Nikon agli occhi e cercando di mirare approssimativamente il soggetto......è possibile ottenere questo scatto.
Ma è ance vero che si devono superare,come già detto, le ovvie perplessità iniziali ed aver fortuna di riprendere quello che interessa.Ecco perchè è improbabile che mi ricapiti ancora...... "
bene: tu dici “ improbabile che mi ricapiti ancora” è proprio questo che non capisco!
hai “rubato” l'intimità di un momento che non ti appartiene, di una donna a te sconosciuta,
e ancora: “il loro parlare coprono il rumore dell'otturatore” e chiedo ancora perchè?
forse, e dico forse,avrei accettato che questo tuo momento e l'emozione che ti ha fatto fare click fosse rimasto un tuo arricchimento personale di chi ama la fotografia, senza voler stupire
caro Gianni con tutta la stima pur non conoscendoti personalmente,
condivido in pieno le parole di Bodil, io non vorrei mai e poi mai che qualcuno mi fotografasse a mia insaputa quando arriverà questo momento .
Ti chiedo ancora, avresti mai fotografato tua mamma in quel letto di ospedale, per poi metterla come testimonianza su un portale di fotografia amatoriale?
fulvia
Gianni Boradori 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
La mia risposta al quesito postomi da Santino è molto più in basso, ci sono delle foto e non si poteva inserirla nella pagina della votazioneGianni
Renato Orsini 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Guglielmo scusami, tutto ciò che scrivi è vero e giusto.. ma non mi sembra pertinente con la problematica su cui si dibatte....Guglielmo Rispoli 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
I bambini davanti alla TV vedono di tuttonessuno o pochissimi sono pronti a prevenire, educare, preparare
I bambini selezionano, interiorizzano, capiscono, escludono, imparano, crescono,
Nella loro paura di diventare grandi fingono anche di credere che la bandiera Italiana è bella e perfino che gli articoli della Costituzione si realizzeranno a partire magari dal ripudio vero della Guerra o da un paese che costruisce lavoro prima che ricchezza,
ma intanto i BAMBINI crescono e vedono morire i bruchi, le api, le mosche, le lucertole,
a volte perfino i cani, i gatti, i criceti
si interrogano, rifletto, piangono
e continuano a crescere convivendo anche con momenti di tristezza e di dolore che non sempre è possibile capire
a volte, anche con il nasino schiacciato sul vetro non capiscono perchè un altro bambino chiede l'elemosina mentre lui poco prima ha fatto i capricci per un portapaestelli nuovo
da grande forse imparerà a fregarsene, io spero che non avvenga mai questa forma di maturazione
...... grazie dell'attenzione ....... buon prosieguo.....
Santino Mineo 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Be ragazzi non voglio più intervenire con citazioni e stralci di parole di artisti....Voglio chiedere direttamente a Gianni Boradori un'ultima cosa.
Rispondi a questo.
Quando le fotografie di persone non sono scattate per uso personale ma vengono utilizzate per essere pubblicate in concorsi, mostre, pubblicazioni, internet o per qualsivoglia altro uso pubblico, è necessario che il fotografo si faccia rilasciare una LIBERATORIA detta anche release in inglese.
Si tratta di una dichiarazione scritta con la quale il soggetto autorizza la pubblicazione della propria immagine.
La LIBERATORIA va stilata in duplice copia, l'originale sarà conservato dal fotografo, l'altra copia dal SOGGETTO ripreso.Converrà che ne teniate qualche copia in bianco nella borsa fotografica in modo di averla a disposizione all'occorrenza.
La LIBERATORIA non è richiesta nel caso di persone note (politici, attori, cantanti) o anche di persone non note che siano riprese nel corso di pubbliche manifestazioni o comunque in situazioni che possano essere considerate di pubblico dominio.Più esattamente la legge di riferimento per questi argomenti è la n. 633 del 22 aprile 1941 (G.U. del 16.07.1941 n.16 e successive modifiche) che regola "la protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio".
Questi i tre articoli fondamentali che ogni fotografo (professionista o dilettante che sia) deve assolutamente conoscere:
ART 96 - Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio, senza il consenso di questa, salve le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'art.93
ART 97- Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici e culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritratta.
ART.98- Salvo patto contrario, il ritratto fotografico eseguito su commissione può dalla persona fotografata o dai suoi successori o aventi causa essere pubblicato, riprodotto o fatto riprodurre senza il consenso del fotografo, salvo pagamento a favore di quest'ultimo, da parte di chi utilizza commercialmente la riproduzione, di un equo corrispettivo.
Il nome del fotografo, allorchè figuri sulla fotografia originaria, deve essere indicato.
(omissis...).
Renato Orsini 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
apprezzo molto l'intervento dell'amico Massimo.un abbraccio Massimo!
Gianni Boradori 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
PREGHEREI TUTTI, VISTO CHE LA SITUAZIONE SI STA SCALDANDO DI INTERVENIRE ESCLUSIVAMENTE SULLA FOTO IN QUESTIONE, RIMANDANDO AD ALTRO MOMENTO E LUOGO OGNI DIATRIBA PERSONALE E PRIVATAGRAZIE
Massimo Carolla 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Questa fotografia tocca corde troppo delicate, se da un lato ha il pregio di evocare nobili sentimenti e di ricordare a tutti noi momenti difficili come quello rappresentato dall'altro ci fa' sentire turbati nell'immedesimarci in quella persona ripresa e pubblicata a sua insaputa. Ritengo che dovremmo avere in casi del genere la sensibilita' di non divulgare cio' che e' piu' intimo e privato. Per quanto mi riguarda non sono certo, trovandomi nella stessa situazione di Gianni, se avrei scattato questa fotografia...Sono certo pero' che anche se l' avessi scattata non l'avrei mai pubblicata. Questo non significa nascondere la testa sotto la sabbia , di immagini piu' crudeli se ne vedono a bizzeffe.. non significa nemmeno non voler riconoscere anche quella realta' che appartiene al genere umano da che mondo e' mondo...ci sono reporter, giornalisti - fotografi che hanno affrontato questo aspetto cosi difficile piu' o meno professionalmente...Ecco vedi Gianni , sarebbe diverso se questa fotografia l'avessi scattata seguendo un progetto ben preciso , se fosse un tassello di un mosaico piu' ampio.... , mi viene in mente Giacomelli e le sue fotografie nell'ospizio a contatto con gli anziani in attesa della morte.Viene citato Eugene Smith , come non ricordare la fotografia di quella ragazzina malata tra le braccia amorevoli della madre ? Ebbene lo stesso Smith, dovendo documentare la tragedia di tante famiglie che avevano avuto casi simili a causa dell'inquinamento da mercurio, chiese il permesso di farle alla madre che, sapendo a cosa erano destinate quelle immagini, acconsenti' senza indugi. In un reportage studiato concordato e realizzato un immagine come la tua avrebbe tutt'altro senso e il racconto e la testimonianza grande valore umano. Mi permetto di citare un fotografo sperando non me ne voglia, Luca Forno, il quale si e' trovato a dover documentare scene altrettanto difficili e forse ancor piu' strazianti , come dei bambini allo stadio terminale in reparti di oncologia pediatrica..Ebbene se lo ha fatto ha presentato un progetto, e' stato presentato, ha potuto svolgere quel compito con il consenso degli interessati, non e' capitato per caso.....Mi dirai e molti saranno d'accordo con te che la realta' del nostro vivere e' anche questa e come fotografi possiamo dobbiamo documentarla, ebbene siamo certi che tutti avremmo la sensibilita' e il rispetto che necessita verso queste persone ? Tu certamente dato che ti conosco ce l'hai e ne sono compiaciuto ma sono convinto che se lasciassimo cadere anche questo freno, come gia' citato da qualcuno, ci ritroveremmo gente armata di tutto punto dall'i-phone alle compattine alle reflex andare a caccia dello scatto che piu' fa' scalpore e questo credo lo sai bene anche tu.....Concludo questo mio intervento con le parole di Ando Gilardi tratte dal suo libro " Meglio ladro che fotografo" parole in cui mi riconosco pienamente:
Non fotografare..
Non fotografare gli straccioni, i senza lavoro, gli affamati. Non fotografare le prostitute, i mendicanti sui gradini delle chiese, i pensionati sulle panchine solitarie che aspettano la morte come un treno nella notte.
Non fotografare i neri umiliati, i giovani vittime della droga, gli alcolizzati che dormono i loro orribili sogni. La società gli ha già preso tutto, non prendergli anche la fotografia. Non fotografare chi ha le manette ai polsi, quelli messi con le spalle al muro, quelli con le braccia alzate, perché non possono respingerti.
Non fotografare il suicida, l'omicida e la sua vittima. Non fotografare l'imputato dietro le sbarre, chi entra o esce di prigione, il condannato che va verso il patibolo.Non fotografare il carceriere, il giudice e nessuno che indossi una toga o una divisa. Hanno già sopportato la violenza, non aggiungere la tua. Loro debbono usare la violenza, tu puoi farne a meno.
Non fotografare il malato di mente, il paralitico, i gobbi e gli storpi. Lascia in pace chi arranca con le stampelle e chi si ostina a salutare militarmente con l'eroico moncherino.
Non ritrarre un uomo solo perché la sua testa è troppo grossa, o troppo piccola, o in qualche modo deforme. Non perseguitare con il flash la ragazza sfigurata dall'incidente, la vecchia mascherata dalle rughe, l'attrice imbruttita dal tempo. Per loro gli specchi sono un incubo, non aggiungervi le tue fotografie.
Non fotografare la madre dell'assassino e nemmeno quella della vittima. Non fotografare i figli di chi ha ucciso l'amante, e nemmeno gli orfani dell'amante. Non fotografare chi subì ingiuria, la ragazza violentata, il bambino percosso. Le peggiori infamie fotografiche si commettono in nome del "diritto all'informazione ".
Se è davvero l'umana solidarietà quella che ti conduce a visitare l'ospizio dei vecchi, il manicomio, il carcere, provalo lasciando a casa la macchina fotografica. Non fotografare chi fotografa: può darsi che soddisfi solo un bisogno naturale.
Come giudicheremmo un pittore in costume bohémien seduto con pennelli, tavolozza e cavalletto a fare un bel quadro davanti alla gabbia del condannato all'ergastolo, all'impiccato che dondola, alla puttana che trema di freddo, ad un corpo lacerato che affiora dalle rovine ? Perché presumi che il costume da free lance, una borsa di accessori, tre macchine appese al collo ed un flash sparato in faccia possano giustificarti ?"
con affetto e immutata stima, Massimo
Chiara Ab. 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
Per Carla Rho:Ci sono foto di paesaggi, di tramonti, di luci e ombre che provocano forti sensazioni ed emozioni, così come ci sono foto di sofferenza, di dolore, di denuncia che stimolano a pensare o a guardarsi dentro pur senza violare l’intimità e la privacy che sono innegabili diritti. Dipende dalla bravura del fotografo. Più bravo è il fotografo, meno ha bisogno di cercare foto “esplicite”.
Nicola Neto 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
PRO...Ciro Prota 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
?Santino Mineo 05/10/2011 1:46 Commentaire de vote
ma che cosa state dicendo.@Carlo
Smith scrisse: "Bisogna rendersi conto che la fotografia è la più grande bugiarda che ci sia, complice la convinzione che essa ci mostri la realtà così com'è". E scrisse anche: "Il fotogiornalismo, a causa dell'enorme pubblico a cui arrivano le pubblicazioni che se ne servono, influenza le idee e l'opinione pubblica più di ogni altro ramo della fotografia, per cui il fotografo-giornalista deve avere (oltre all'indispensabile padronanza dei mezzi) un forte senso dell'onestà e l'intelligenza per capire e presentare il suo soggetto opportunamente". Dall'atteggiamento di fondo che queste due frasi sottendono si capisce perché, spesso e volentieri, Smith avesse costruito le sue immagini, disponendo i soggetti in un certo modo, o arrivando alle stampe finali con robusti interventi di camera oscura, esponendo insieme negativi diversi, mascherando e bruciando fino all'eccesso, continuamente reinquadrando e tagliando i negativi. Rifiutando in toto l'idea che una fotografia potesse costituire una oggettiva e autentica rappresentazione del reale, Smith ambiva a rappresentare invece la verità nella sua essenza, come lui (artista) la percepiva: "bisogna osservare e sentire ciò che ci circonda e interpretarlo, traducendolo in un lavoro finito". E dunque, se necessario aggiustava "la realtà per farla aderire meglio alla verità". Le immagini risultanti sono magnifiche e probabilmente più rappresentative: dunque lo scopo finale è raggiunto, e poco importa sapere che, nella realtà, quel carretto di buoi o quel contadino erano stati disposti in quel modo dal Smith stesso. Egli aveva "visto" un'immagine che ci raccontava un villaggio spagnolo o una comunità di minatori gallesi, e l'aveva realizzata: una splendida immagine, formalmente eccelsa e di elevato potere documentativo. Obiettivo dunque raggiunto, tutto il resto è contorno evanescente che svanisce dopo poco; le foto di W.E. Smith, invece, restano.