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Mostra online Pollaci-Portaluppi "Immagini e storie" - 2. Cefalà Diana II

Mostra online Pollaci-Portaluppi "Immagini e storie" - 2. Cefalà Diana II

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Mostra online Pollaci-Portaluppi "Immagini e storie" - 2. Cefalà Diana II

Tre aggettivi balzano alla mente: imponente, inespugnabile, indimenticabile, sotto a un cielo blu cupo mentre nuvole biancastre a fiocchi e a filamenti corrono come indomiti cavalli in una sfrenata galoppata, a contornare e avvalorare le vestigia dei tempi medievali, così da essere trionfale suggello per un castello intramontabile.
IMPONENTE
Il maniero che sovrasta Cefalà Diana, che l’accudisce e la protegge come un padre burbero ma amorevole, sorge su uno spuntone di roccia dalla forma di testa umana. Devo essere sincero, anche al prezzo di innescare ilarità , ma io la forma di un volto di uomo, se non con molta fantasia e proprio per fare una cortesia, non l’ho scorto. Vedrei più l’assomiglianza con un cefalo, un pesce di mare dal capo rotondo e piatto, più largo che lungo, annoverabile nella numerosa famiglia dei brachicefali, in quanto “brachi” significa corto e “cefalo” capo. La caratteristica di questo pesce è quella di essere molto sospettoso, in guardia, vigile, come le sentinelle sugli spalti del castello, pronto a sfuggire al minimo rumore, ovvero a dare all’allarme, però nel contempo il cefalo è animale assai vorace e quando inquadra la preda velocemente si avventa su di essa per papparsela in un sol boccone, quindi all’occorrenza il castello, normalmente edificio difensivo, sa trasformarsi di temibile arma d’assalto.
In ossequio alla regola che ognuno vede la capoccia che più gli aggrada io, per il momento, preferisco tenermi la mia, quella del cefalo che, con in groppa il bel castello di Cefalà Diana, pare emerga all’improvviso dal verde mare dei prati d’erba verde e filando dritto e sicuro come squamoso siluro s’avventa contro il nemico di turno, bizantino, arabo o normanno, e laddove le forze in campo siano preponderanti dalla parte avversaria, allora ratto si immerge in cerca di anfratto più salutare, non troppo in fondo al mare, diciamo a quota periscopio, per poi tornare a sortire alla prima favorevole occasione schierando sugli spalti il suo migliore battaglione. Imponente perché austero: viene da chiederci quali cavalieri e dame lì vi hanno soggiornato, nobili di certo, baroni e forse anche re e regine per i quali e alle quali fare la riverenza e l’inchino mi sembrano omaggi relegati nei tempi andati, imponente perché granitico, edificato con materiale solido, destinato a durare nel tempo. E se l’incuria dell’uomo lascia che l’erosione dei secoli le mura abbia intaccato, la torre è lì come incrollabile baluardo e altri spuntoni di calce e mattoni protendono le loro dita al cielo urlando con quanto fiato ha il vento il loro diritto all’esistenza e infine imponente in quanto che incute rispetto! Già il maniero è stato costruito con l’ottica di fare colpo sulla gente, è un baluardo impressionante sia per lo spadaccino e sia per il pacifico viandante, che uomo d’arme non è ma, se gli saltasse il ghiribizzo di impugnare un brando ebbene, prima di giungere a ciò è assai opportuno che ci pensi due volte, meglio tre. Dunque imponente. Questo è il primo aspetto che ti coglie e credo che gli antichi costruttori ci siamo grati per questo nostro apprezzamento perché prima di combattere si deve giocare la carta dello spavento. Tale tecnica è usata da tutto il mondo animale, ogni specie lo sa e prima di gettarsi nella baruffa, il pelo il gatto arruffa e si ingobbisce e si eleva a dismisura per indurre l’avversario alla fuga. E se poi il fellone di turno non scappa, pazienza, si scenderà in tenzone, ma almeno si è tentato di evitare la mischia.
INESPUGNABILE
Dopo imponente ciò che suscita la foto è inespugnabile. E tale era la sua funzione! La struttura originaria del castello sembra riconducibile ai greci e rara, per dire unica è la sua pianta originale, di forma triangolare, in quanto pensiamo che venne adattata alla conformazione dello spuntone di roccia si cui è stato costruito. E infatti sul punto più elevato, all’apice del triangolo, a metri 657 sul livello del mare, venne eretta la torre di forma quadrangolare, meglio sarebbe dire rettangolare, suddivisa in due piani e sulla cui sommità c’è una terrazza contornata da merlature guelfe. La base della figura geometrica rapportabile a un triangolo, lato ovest, è costituita da una linea retta di mura superstiti che proteggevano gli alloggi degli abitanti e del corpo di guardia.
INDIMENTICABILE.
Amore a prima vista! Un castello come questo non si può scordare, non può passare inosservato, come non si possono dimenticare le vicende che furono la radice più profonda per la realizzazione, o meglio, la ristrutturazione di questo castello.
Dobbiamo partire dai duecento anni della dominazione araba, un popolo che, sia lungi da noi il pensarlo, non fu né rozzo né barbaro come talvolta qualcuno l’ha dipinto. Infatti per mezzo loro misero in Sicilia le radici la cultura, la poesia, le arti e le scienze orientali e specialmente Palermo fu la città che ne beneficiò in maniera particolare. Gli arabi ebbero inoltre un altre grande pregio, non andavano assolutamente d’accordo tra di loro. Qui il lettore più smaliziato potrà ravvedere della partigianeria da parte nostra: sì è vero, qui siamo partigiani, ma d’altra parte non potete pretendere che ci mettiamo a parteggiare per un popolo invasore, qualunque esso sia. Le discordie intestine nel mondo mussulmano attirarono gente di pochi scrupoli che erano ben disposti a mettere al servizio dei vari emiri le loro armi per scacciare altri emiri. I nuovi venuti erano i normanni, gente delle estreme lande settentrionali dell’Europa.

Storie di castelli, di agguati, di duelli con spade scintillanti, di assedi e di sortite, storie sempre raccontate e sempre nuove, come se non fossero mai state udite. Sono tutte storie affascinati che sanno catturare l’attenzione del lettore più disincantato. In questo castello si installò anche una banda di predoni catalani che taglieggiava il palermitano facendo man bassa di viveri e di ogni ben di Dio s’accampò nel castello di Cefalà Diana. Accadde nella prima metà del XIV secolo. Un fatto curioso, che solo alcune fonti riportano, quasi non fosse importante. Due sole righe di citazione senza specificare l’anno, si sa solo che avvenne nella prima metà del Milletrecento.
Ma qui siamo in Sicilia e nulla è come appare.
È una storia lunga, da cui trarre un film della durata di almeno dieci ore: curioso che nessun sceneggiatore l’abbia scritta. Riassumerla in breve spazio non è possibile, ma sicuramente, se la cosa vi ha intrigato, non mancherà l’occasione in un prossimo futuro.

© foto Carlo Pollaci - © testo Geo Portaluppi

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