Antico lavatoio

Antico lavatoio

Sono entrata dentro, dove le donne si mettevano a lavare i panni e ho immaginato (ricordando un pò mia nonna) quante chiacchiere, quanti consigli, quanti sfoghi, in fondo era un momento, un'occasione per trovarsi per stare insieme.


Tu, lavandaia, ch’ai già fatto il gozzo
per quel cestello che ti grava il capo,
quando discendi a valle, il tuo ancheggiare
in bilico mantiene il cesto e te.

Sembri una cariatide che regga,
sulle sue braccia svirgolate al cielo,
il capitello dell’arretratezza
lungo una via che non ti s’apre innanzi.

Eppur quanta fierezza hai tu nel viso,
ancor che la fatica non ti sfianchi;
sarà quel peso che tu erigi in testa,
ma dritta te ne vai sopra i dirupi.

A valle, dove il fiume scorre lesto
e spumeggiante salta fra le rocce,
sciorini i cenci in acqua e i cenci al sole,
dietro i cespugli, per non porli in vista.

Son stracci, non importa; hai pudicizia
di non mostrare la tua vita grama,
e occulti i fori ch’apron le siepi
e aspetti che si asciughi il tuo fardello.

Tu rassomigli a tutti in questa terra,
non rigogliosa e fertile, ma brulla,
perché di tutti, in fondo, hai tu gli aspetti
che porti in alto e copri con un velo.

Hai la modestia della gente parca,
hai la costanza della gente dotta,
hai la fermezza alla bontà accoppiata,
come l’acqua, fra i sassi, incorniciata.

Antonio Tortorella