è una vita che mi aspetto
...avevo lo stesso atteggiamento anche con i miei difetti.
Li chiamavo così ma non facevo niente per perderli, per cambiare...
Io mi riconoscevo nei miei difetti.
Erano comunque come pezzi di un puzzle che componevano la mia persona.
Mi ci ero pure affezionato. Anzi, a dirla tutta, mi ci ero proprio innamorato.
Forse anche perché i difetti erano spesso le mie difese.
«Io sono fatto così, non ci posso fare niente.»
Quante volte le ho dette quelle parole. Tradotte erano: “Se ti vado bene così, ok. Altrimenti arrivederci”...
Sì, ero quello che rompeva le scatole, però ero io, e alla fine mi piacevo così.
Chi sarei diventato senza i miei difetti? Magari uno qualunque.
Invece io ero il rompipalle. Sempre meglio che niente. Sempre meglio che indifferente.
Senza tralasciare il fatto che a me rompere le palle a volte piaceva proprio. Essere un po’ fastidioso, capriccioso come da bambino.
Infatti, capitava che, parlando dei miei difetti ad altre persone, mi comparisse sul volto un’aria di compiacimento.
«Io sono un rompipalle, me lo dicono tutti.»
«Sono testardo, lo so.»
«A volte sono insopportabile.»
«Lo so, non ho un carattere facile.»
Tutte frasi che appunto pronunciavo con quell’aria un po’ compiaciuta.
Quasi con orgoglio.
Tratto da E' una vita che ti aspetto di Fabio Volo
Francesca Tassinari 26/01/2008 23:15
Complimenti
Bellissima l'idea, ottima la luce e la composizione...e i colori.
...e le parole.
Bravo davvero!!!
Antonella Scimone 26/01/2008 2:07
geniale.. aspetto anche io...antonella