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La tempesta

Tratto dalla raccolta di narrativa
Racconti di gente normale

Titolo: La tempesta

Il brutto tempo spesso mi mette di cattivo umore. Una tempesta si sta per abbattere sulla mia esistenza. Lei mi tradisce. Il profumo di cose nascoste, che odora di patos represso, lo avverto nella nostra camera da letto. Sa di eccitazione rinnovata, senza nessuna possibilità di errore posso affermare oggi, di essere uno dei tanti sfigati innamorati della propria moglie. Vado in cucina, e mi aggrappo al tappo di sughero, che insieme alla bottiglia vuota sta andando alla deriva nel caleidoscopio del pregiudizio, e di disperazione abbandonata a se stessa, nella quale sono finito. Senza punti di riferimento mi soffermo sui ricordi belli scartando l’idea di doverla lasciare.
Il dubbio lo avevo da tempo, e mi rodeva dentro come un tarlo che lentamente frantuma il vecchio mobile della camera da pranzo, ormai ridotto ad un colabrodo.
Il sospetto di essere cornificato l’ho confessato al mio migliore amico che poi ho scoperto essere, l’amante di Sonia mia moglie. Tra poco il vento spolvererà le cime dei palazzi. È quasi buio. Esco a prendere una boccata di aria. In strada c’è una donna ferma sotto ad un lampione, è una di quelle con le quali non avrei mai voluto fare sesso, come il fiato del lupo cattivo sulla casa di paglia del porcellino pigro, le pago il servizio. Il tutto avviene con discrezione, al riparo, sopra la collina. Mentre godo mi preparo al peggio e, con la gagliarda consapevolezza della preveggenza, le nubi si affiancano come soldati prima della parata e tra poco cambieranno di colore. Durante l’amplesso non le ho detto una parola lei invece è stata carina e molto dolce con me . Ci salutiamo con un cenno degli occhi, uno sguardo all’orologio, sono le tre del mattino. È troppo presto per rientrare, ma la tempesta è in arrivo e sento dentro di me che ho ancora bisogno di quelle mani che accarezzano il mio corpo senza nulla a pretendere. Decido di tornare da lei. La vedo in cima alla scalinata, scendo dalla macchina, i gradini sono 21 come gli anni che ha mio figlio. Li conto uno per uno mentre ripenso ad ogni goccia di pioggia che poco prima, abbiamo condiviso con lo sguardo. Sento il ronzio del lampo sopra la mia testa, tra poco verrà il tuono. mi dice lei con aria sognante, annuisco sconfitto. Una volta arrivati, mi tuffo sul suo letto dove lei si è adagiata, mi guardo intorno. La casa è accogliente, ma io poco dopo, sono sopraffatto dall'inquietudine. La chiamo e non risponde, la chiamo e non sento la mia voce, la chiamo e le nuvole riflettono una scheggia di silenzio che impazzito gira e rigira nella mia mente.
Mentre cerco un motivo valido per andarmene, lei mi scosta da sé e va ad aprire la porta, dimentica di averla vista con un altro e soprattutto dimentica me, . Da uomo sposato e padre di un figlio adulto, mi aggrappo alla speranza e torno a casa. Lei è sopra al mio migliore amico sul nostro letto che urla e si attorciglia, come un petalo di rosa sopra un’ape intirizzita. Scendo in strada e faccio il numero della mia abitazione per l’ultima volta, lascio che il telefono squilli a lungo. Oggi dovevo essere a Belgrado ad un convegno di lavoro, e invece mi ritrovo fuori da una storia ormai finita.

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