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gianfranco calzarano


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Mamuthones

Storia

L'origine dei mamuthones resta ancora oggi controversa. Secondo uno studio di Marcello Madau, archeologo dell'accademia di Belle arti di Sassari, mancano fonti scritte che testimonino la presenza dei Mamuthones in tempi lontani. Il Wagner non ne parla e nel 1928 il Touring Club descrive solo il fuoco di Sant'Antonio.[1] Secondo lo stesso studio, comunque, testimonianze orali attestano che i Mamuthones sfilavano già nel XIX secolo. Alcuni sostengono invece che il rito risalga all'età nuragica, come gesto di venerazione per gli animali, per proteggersi dagli spiriti del male o per propiziare il raccolto[2]. Fra le ipotesi avanzate sull'origine della rappresentazione vi sono anche una celebrazione della vittoria dei pastori di Barbagia sugli invasori saraceni fatti prigionieri e condotti in corteo, oppure un rito totemico di assoggettamento del bue, o anche una processione rituale fatta dai nuragici in onore di qualche nume agricolo e pastorale.[3] Alcuni studiosi sostengono un legame con riti dionisiaci, altri negano questo collegamento, e la includono invece fra i riti che segnano il passaggio delle stagioni[1].
Le maschere
Sfilata dei mamuthones e issohadores a carnevale

La maschera facciale del mamuthone (visera) è nera e di legno, bianca quella dell'issohadore. Viene assicurata al viso mediante cinghiette in cuoio e contornata da un fazzoletto di foggia femminile. Il corpo del mamuthone viene coperto da pelli di pecora nera (mastruca), mentre sulla schiena sono sistemati una serie di campanacci (carriga). L'Issohadore, invece, indossa un copricapo detto berritta, maschera bianca, un corpetto rosso (curittu), camicia e pantaloni bianchi, bottoni in oro, una bandoliera di campanellini in bronzo (sonajolos), lo scialletto, le ghette in orbace (cartzas) scarponi in pelle ('usinzu) e infine la fune (so'a).

Le maschere vengono prodotte con vari tipi di legno successivamente annerito. Oltre al fico viene impiegato l'ontano e l'olmo; qualcuna è in castagno o in noce, mentre anticamente le si produceva in pero selvatico.

Commentaire 2

  • gianfranco calzarano 17/12/2015 15:30

    SEGUO DAL 2007 NEI WE GRUPPI FOLK. CIRCA 700 E LEGATI A FESTE PATRONALI O AGRO GASTRONOMICA O QUELLE "TOP" SANT'EFISIO, CAVALCATA SS,. SARTIGLIA OR O IL REDENTORE NU.
    VI SONO POI I GRUPPI COME IL BECCOI E L'ALTRO (SIMILE)DELLA PRO LOCO, DEI MAMUTTONES.
    CHI HA L'ONORE DI ENTRARE NELLE DUE CASE VEDE LA COMPLESSITA' DI GESTIRE 50, ALMENO ARREDI ED ALTRO MASCHERE, FAZZOLETTI. sONO U LORO GRANDE AMICO E MI PROCURANO QUANDO C'E' FESTA IL SUGHERO BRUCIATO DA CUI LA "CREMA" PER ANNERIRE IL VISO. mA I GRUPPI TIPO MAUTONES, CERBOS, BOIS DE SCALAPRANO ECC PIU' DI 15,....BISOGNANO DI ORE DI LETTURA ED ASCOLTO ANTROLOGICO DI VARI CATTEDRATI DTUDIOSI, CAME DOTT. JOICE MATT. IL RAPPORTO PADRONE SERVO PASTORE O PER ALTRI INIZIAZIONE AI FIGLI DI SGOZZA LA BESTIA DOPO IL RITUALE
  • Fernando Anzani 16/12/2015 18:36

    Interessante immagine di questa enigmatica mashera. Mi ricorda i tre anni che io ho vissuto a Cagliari nei lontani anni sessanta. Ho visto i Mamuthones in più occasioni, appunto in Sardegna. Impressionanti, con il loro cadenzato sltellare che cadenza anche il suono dei campanacci. Mi piace. Ciao. Fernando.

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APN NIKON D3100
Objectif AF Zoom-Nikkor 35-80mm f/4-5.6D N
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Focale 70.0 mm
ISO 400