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hotel balbo

"Seicento chilometri a sud di Tripoli (i romani la chiamavano Tarabulus), appare finalmente Ghadames, (anticamente Gydamos), con le sue 45 mila palme da dattero, un profilo scandito dai diversi livelli dei tetti piani, ornati da merli a coda di rondine (contro il malocchio) che in arabo si chiamano serafin e da minareti (che invece è voce turca, come muezzin e narghilé, mentre moschea ha radice spagnola). È una delle più belle e meglio conservata città storiche sahariane. È stata inserita dall'Unesco tra i siti Patrimonio dell'Umanità, ma i fondi per mantenimento e restauri arrivano ogni tanto e con il contagocce. Tuttavia l'insieme è ancora straordinariamente integro, un coacervo omogeneo di costruzioni (solo mattoni di fango, un po' di calce e travi di palma) di ogni dimensione e forma, una incastrata nell'altra senza interruzioni, risultato di secoli di aggiunte, modifiche, sempre realizzate su modelli e schemi tradizionali, di un disegno povero, essenziale, ricco di armonia e coerenza. Poiché la città si sviluppa quasi tutta al coperto, per difendersi dalla calura e dai venti, è anche un esempio perfetto di biocoibentazione, visto che se anche nel pieno dell'estate all'esterno ci sono 45 gradi, nell'abitato coperto la temperatura è inferiore di 15/20 gradi, e senza spendere un dinaro. Non per niente ITALO BALBO, governatore della Libia fino al 1940, ci andava con il suo trimotore Savoia Marchetti a passare i week end. Vi fece costruire nel 1932 l' hotel Ain al Faras, che divenne subito sua residenza personale. Nel 1957 ospitò John Wayne e Sophia Loren che giravano Timbuctù. Chiuso dal 1996, oggi è cadente. L'hotel si trova davanti ad Ain Al-Faras, la Fonte della Giumenta, che è secondo un'antica leggenda il punto dove venne fondata la città da parte della cavalla di un nomade assetato, che con un colpo di zoccolo qui trovò una sorgente. E' importantissima per i palmeti, perché da qui partono i canali d'irrigazione."

Il panneggio della foto era su una parete laterale.

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